Pinocchio – Il burattino di ferro

(Tomonori Taniguchi)

In questo volume Pinocchio è un burattino (in realtà marionetta) non di legno, ma di ferro. Di diventare un bambino vero, però, non ha la benché minima intenzione. La versione di Taniguchi (attenzione: Tomonori, non Jiro) è una versione totalmente rinnovata del romanzo collodiano e, visto che si decide di modificare qualcosa, meglio uno stravolgimento completo che non quella penosa banalizzazione targata Disney.
L’opera dell’autore giapponese, tuttavia, non convince. Pochissime pagine (si rivolge a un pubblico infantile), con un numero ridottissimo di parole, procede quasi solo per immagini a tutta pagina. Si comprende il messaggio che si vuole lanciare, ma esso è totalmente inadeguato a un personaggio come Pinocchio. La conseguenza delle scelte, infatti, non porterebbe ai risultati narrati, ma si evolverebbe in maniera del tutto differente. In pratica è come se l’autore non avesse compreso bene il senso dell’eroe di Collodi. In tutta sincerità, pur da cultore di Pinocchio, non mi riesce proprio di salvare questa versione, modesta e poco interessante. In una storia dove la magia è la materia stessa che si plasma, una riscrittura tanto insipida non ha alcun senso.

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